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I maestri della grafica: Massimo Vignelli

15/03/2023

Massimo Vignelli è stato un grafico italiano, vissuto per la maggior parte della sua vita a New York. Nato a Milano nel 1931, ha studiato architettura per poi lavorare e diversificare la sua attività nel mondo design: grafica, pezzi d’arredamento, design di interni, allestimenti.

Design is one era il suo motto — e quello della moglie Lella, con cui ha lavorato per tutta la vita. Per i Vignelli, che si trattasse di identità visiva, di una segnaletica, una sedia o una tazza, le problematiche e l’approccio erano gli stessi. Progettavano con lo stesso rigore, coerenza e attenzione alla funzione.

Il Canone Vignelli, successo editoriale nel web

Nel 2010 Vignelli pubblica il Vignelli Canon[1], un piccolo libro, distribuito gratuitamente sul suo sito, dove vengono esposte le sue idee sul design. Il libro è diviso in due parti. Nella prima si parla degli elementi intangibili, necessari alla buona riuscita di un progetto grafico, come la semantica, la sintattica, l’atemporalità, la responsabilità, la disciplina, l’appropriatezza. Nella seconda di quelli tangibili, con alcuni esempi pratici. Mostra come costruire una gabbia, usare i colori, gestire un testo. La maggior parte degli esempi sono presi da progetti che Vignelli ha realizzato durante la sua lunga carriera.

Secondo Vignelli la ricerca del significato è la prima cosa da attuare. La ricerca del significato permette di capire meglio la natura del progetto e trovare la direzione più adeguata e appropriata.

Oltre ad avere “significato” un progetto deve essere sintatticamente correttoDeve parlare il linguaggio del design in maniera corretta, usando le parole giuste, che nella grafica sono la gabbia, i caratteri, il testo, le immagini. Bisogna rendere il tutto coerente, mettendo in relazione gli elementi tra di loro.

Se realizziamo progetti ricchi di significato, sintatticamente corretti, ma poco comprensibili non stiamo lavorando nel modo giusto. È tutto inutile. «Qualunque cosa si faccia, se non è capita, è comunicazione persa, fatica sprecata».

I lavori di Vignelli – alcuni esempi interessanti della sua bravura

Le prime collaborazioni di Vignelli sono con studi di architettura. A Venezia insegna Disegno industriale allo IUAV, dove aveva studiato, ma non si era laureato. I manifesti per il Piccolo Teatro di Milano sono uno dei primi lavori importanti di Vignelli, agli inizi degli anni 60. Manifesti solo testuali, dove predominava l’elemento informativo (il titolo dell’opera, la data, il cast), in controtendenza, rispetto a quanto si vedeva in giro all’epoca.

Sempre in quegli anni Vignelli progetta la collana editoriale Biblioteca Sansoni e alcuni manifesti per la Pirelli e la Biennale di Venezia. Con Bob Noorda fonda lo studio Unimark e progetta una collana editoriale per Feltrinelli.

Alla fine degli anni 60 Vignelli e Unimark si trasferiscono a New York. Apre sedi dello studio in varie città degli Stati Uniti. Ne apre uno anche a Detroit per portare avanti i lavori per uno dei suoi primi clienti importanti, la Ford. Lavora per altre grosse aziende, come Knoll e American Airlines, per citarne due.

Progetta la segnaletica per la metropolitana di New York. Nel 1972 progetta poi anche la cartina della metropolitana, uno dei suoi lavori più celebri. Cartina fatta solo di linee colorate e punti, senza riferimenti geografici, come sono oggi tutte le mappe delle metropolitane. Il manuale realizzato per la segnaletica della metropolitana di New York è stato ristampato qualche anno fa da Standards Manual.

Vignelli poi si separa da Unimark e continua con un suo studio personale. Progetta il marchio e il packaging dei grandi magazzini Bloomingdale’s. Come molti altri lavori di Vignelli anche le buste e le scatole di Bloomingdale’s diventarono iconiche, colorate e senza marchio.

Il marchio era applicato solo sul nastro adesivo che avvolgeva la scatola, per poi sparire una volta aperta. Quando Vignelli racconta di questo progetto parla dell’equilibrio che bisogna trovare tra identità e diversità. Se ci si muove solo tra i due estremi si corre il rischio di risuolare noiosi o senza identità. Troppa identità genera ridondanza, troppa diversità crea frammentazione. Entrambe le situazioni non aiutano una marca diventare memorabile agli occhi di un utente/cliente.

Una vita dedicata al design

Quella di Vignelli è stata una vita dedicata al design. Tantissimi suoi lavori sono diventati iconici. Il suo lavoro è stato così influente che David Lasker, un’autorità nel campo del design, una volta ha detto:

«Praticamente chiunque viva nel mondo occidentale, a un certo punto della sua giornata, si imbatterà in uno dei lavori di Vignelli»[2].

Vignelli ha lavorato anche per tanti clienti italiani, Benetton, Cinzano, Lancia, Poltrona Frau, Ducati, le Ferrovie dello Stato (per la quale ha realizzato la segnaletica). Parlando di lavori iconici ricordiamo anche il marchio e la sedia per l’interviste del Tg2.

La dedizione di Vignelli per il design l’ha portato a progettare, in ogni dettaglio, anche il suo funerale — come ha raccontato la rivista Quartz. Dalla disposizione delle sedie, alla sua urna cineraria. Urna che si trova presso la chiesa di Saint Peter, per quale, negli anni 70 lui è la moglie avevano progettato gli interni.

Michael Bierut, uno dei più importati graphic designer contemporanei, socio dello studio Pentagram, ha lavorato a lungo con Vignelli. In un articolo apparso su Design Observer, scritto subito dopo la morte di Vignelli (avvenuta nel 2014), parla della sua esperienza con il grafico italiano. Bierut pensava di fare un’esperienza di 18 mesi, per imparare qualcosa di nuovo, ma poi è rimasto 10 anni. Scrive:

“Fu Massimo a insegnarmi una delle cose più semplici al mondo: che se fai un buon lavoro, ottieni più lavoro buono da fare, e al contrario un lavoro cattivo porta più lavoro cattivo. Sembra semplice, ma è incredibile quanto sia facile dimenticarlo, nel corso di una vita fatta di pragmatismo e compromesso. L’unico modo per fare un buon lavoro è semplicemente fare un buon lavoro. Massimo ha fatto un buon lavoro.”

Un “total designer”

Vignelli era un total designer. Ha progettato di tutto, spaziando in più ambiti nel mondo del design. Ha progettato manifesti, riviste, giornali, libri, sedie, poltrone, marchi, chiese, mostre, allestimenti, etichette di vini[3]. Ha progettato un sistema modulare per la stampa di opuscoli e brochure per i parchi nazionali americani. I parchi nazionali americani sono più di 400 e ogni anno ospitano quasi 300 milioni di visitatori. Un progetto che ancora oggi richiede un enorme lavoro di stampa.

Nel 1977 Vignelli progettò, per il National Park Service, il sistema Unigrid. Un sistema di griglia modulare basato su un A2 che ha consentito di creare brochure in dieci formati di base e di mantenere una struttura coerente e riconoscibile, con un notevole risparmio relativo alla stampa e alla produzione.

Un progetto che racchiude il pensiero di Vignelli e il suo approccio al design. Un progetto atemporale (il sistema Unigrid è ancora oggi in uso), dove la sua idea di graphic design, basata sull’organizzazione delle informazioni viene espressa pienamente. Un progetto “responsabile”, altro valore intangibile del Canone:

“Come designer abbiamo tre livelli di responsabilità:

Il primo verso noi stessi e l’integrità del progetto in tutti i suoi dettagli.

Il secondo verso i nostri clienti, per risolvere il problema nel modo più economico ed efficiente.

Il terzo verso la società, il consumatore, il fruitore del design finale.”

Per approfondire

In questo articolo abbiamo riportato un minima parte dei lavori di Vignelli. Per approfondire rimando al suo libro Design: Vignelli, una raccolta di lavori dal 1954 al 2014, al documentario Design is One e all’account Instagram del Vignelli Center.

Il Vignelli Center si trova all’interno del Rochester Institute of Technology di New York, e raccoglie l’archivio di tutti i lavori di Lella e Massimo Vignelli. Al Vignelli Center si possono trovare cose come queste: gli studi di packaging realizzati da Unimark nel 1973 per McDonald (poi mai andati in produzioni)

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